A San Paolo Solbrito si stanno appassionando di quando da queste parti c’era il mare e, più tardi, i mastodonti presero a girovagare nelle paludi.
Tutto è nato dal ritrovamento, 13 anni fa nel sottotetto del Municipio, di una parte della mandibola (spezzata in due parti forse a causa degli spostamenti) con due molari dell’Anancus arvernensis. Il sindaco Carlo Alberto Goria comunicò il ritrovamento alla Soprintendenza Archeologica del Piemonte e interpellò ex amministratori e concittadini per capire come i denti fossero finiti in soffitta. Qualcosa a poco a poco venne fuori, anche se non fu mai chiaro chi li avesse consegnati, e perché, in Comune.
I molari furono ritrovati, verosimilmente intorno agli anni settanta del Novecento, in una cava di sabbia in Regione Monsotto; mancando un posto adeguato per accoglierli, Goria decise di renderli visibili a quanti si recavano in Municipio e, per garantire loro un’adeguata protezione, li sistemò nell’ufficio del sindaco. Raccontò anche sul giornale della parrocchia la storia del mastodonte della ferrovia e dei due molari: ciò che l’esemplare quasi completo e i grossi denti avevano in comune era l’essere stati trovati, seppure in punti distanti, nella valle del rio Traversola.
A poco a poco il germe della curiosità attecchì e più di uno si interessò.
Nel 2019 i molari traslocarono dall’ufficio del sindaco alla sala del Consiglio Comunale dove sono custoditi in una teca di vetro. A Piero Damarco, paleontologo, ci vuole un attimo per studiarli e spiegarmi che si tratta di “un gran bel reperto, perché di solito si ritrovano molari isolati e invece questa volta abbiamo anche una parte della mandibola. Lo stato di conservazione è ottimo: l’osso appare ben mineralizzato”. I denti risultano consumati e dunque appartenevano a un esemplare ormai vecchio (mentre quelli del Paleontologico di Asti sono attribuiti a un soggetto di giovane età).
Il vicesindaco Riccardo Azoaglio si è appassionato, nel tempo, al mastodonte e ai resti conservati nella teca: durante il primo lockdown dell’epidemia sanitaria, nella primavera del 2020, ha costruito un modellino di creta, anch’esso esposto nella sala consiliare.
Quanto al Mare Padano e a ciò che ha lasciato dietro di sé, non è un caso che un tempo nella vallata del rio Traversola, disseminata di mulini ad acqua, funzionasse anche quello cosiddetto “delle conchiglie”. Anche se non esiste più, all’eco dell’acqua e alla suggestione del Golfo Padano c’è chi non vuole rinunciare.
Dunque adesso l’antico mare lo vedi per strada, sui tabelloni che raccontano la paleontologia, i grandi cetacei (balene, delfini) e i mastodonti. Quello di piazza IV Novembre è sistemato accanto alla fermata del bus. “Per incuriosire i bambini mentre aspettano”, è la spiegazione.
Ma guarda caso, in questo paese, oggi come ieri, c’è sempre di mezzo un’antica locomotiva, un treno veloce o una corriera per attraversare luoghi di storie che non ti aspetti, mentre uomini viaggianti, oltre il finestrino, posano sguardi che sfiorano paesaggi di terra con conchiglie dormienti nell’anima.