UN SERPENTE MARINO!?
La scoperta dello scheletro senza testa del capodoglio avvenne verso la fine del novembre 1929 durante i lavori di scasso di una vigna. Il reperto destò scalpore non solo nel paese di Vigliano d’Asti ma in tutta la provincia e fino a Torino. All’epoca della scoperta il fossile venne interpretato dagli abitanti del luogo come lo scheletro di un “serpente di mare”.
Il professor Carlo Fabrizio Parona – direttore del museo geopaleontologico dell’Università di Torino – nel 1930 eliminò ogni dubbio raccontando le fasi della scoperta e dello scavo, assai difficoltoso per le pessime condizioni meteorologiche; egli osservò infatti che numerosi caratteri dello scheletro del capodoglio di Vigliano sono in comune con l’unica specie oggi esistente, il Physeter macrocephalus. I lavori vennero diretti dall’ingegner Camillo Richard, uno degli allievi di Parona, il quale, in un successivo articolo, illustrò le caratteristiche di un piccolo osso della sezione caudale della colonna vertebrale giungendo alla conclusione che il reperto fossile rappresentava un parente stretto delle popolazioni meridionali del capodoglio attuale (allora denominata Physeter australis, ma che oggi si ritiene indistinguibile dalla controparte settentrionale).
Il reperto proviene da sedimenti di transizione tra sabbie ed argille ed è collocabile nella parte superiore del Pliocene inferiore, corrispondente a circa 3 milioni e mezzo di anni fa. L’esemplare visse in un mare caldo, caratterizzato da una grande biodiversità, insieme a numerose specie di cetacei oggi estinte.
Di questo capodoglio si conservano le seguenti ossa: scapola, omero, radio, ulna, 15 coste (e alcune frammentarie), 36 vertebre (atlante, blocco con epistrofeo e 5 vertebre cervicali fuse, 11 vertebre toraciche, 6 lombari e 12 caudali), parte dello sterno e alcuni frammenti di ossa a forcella o chevron. Il cranio è completamente assente. Le ossa erano state integrate all’epoca dell’estrazione con abbondante gesso e con strisce di stoffa incollate alla superficie ossea per garantire l’integrità strutturale. A coronamento di un lavoro di preparazione lungo e complesso, i Paleontologi e le Paleontologhe del Museo dei Fossili hanno riportato alla luce le porzioni ossee ora esposte nella mostra temporanea “il Leviatano e le Sirene”
IL RE DEI MARI
Il capodoglio attualmente vivente è un cetaceo di grandi dimensioni: può raggiungere 18 m di lunghezza e 50 tonnellate di peso. È caratterizzato da una testa squadrata che contiene un organo peculiare riempito di un olio chiamato spermaceti. Per questo particolare olio il capodoglio è stato intensamente cacciato nei secoli scorsi, fin quasi all’estinzione.
Nel fossile di Vigliano, la scapola e l’atlante sono virtualmente indistinguibili dalle corrispondenti ossa del capodoglio attuale. Anche l’omero e l’epistrofeo mostrano grandi somiglianze con il capodoglio attuale.
Lo studio del reperto suggerisce dunque che Richard e Parona avevano pienamente ragione assegnando il reperto di Vigliano al genere Physeter, suggerendo, dunque, che una specie di capodoglio molto simile a quella attuale nuotava nel mare pliocenico del Mediterraneo. È questa una scoperta eccezionale perché il reperto di Vigliano è l’unico capodoglio fossile al mondo a mostrare un’affinità così spiccata con la specie vivente.
Le misurazioni ossee suggeriscono che lo scheletro di questo capodoglio fosse lungo intorno ai 9.5 metri e che l’animale pesasse intorno ai 25.000 chilogrammi!