Sviluppo della mostra
“Filari di luce” è articolata in cinque unità tra loro interconnesse: le vigne, le colline boscate, villaggi le alpi viste dalle colline e Infernot patrimonio dell’Unesco.
La vigna, dall’alba al tramonto, incontra la luce del sole. Il grappolo d’uva è il frutto della luce: luci e colori che si riflettono nel vino, aurore dorate e i rossi tramonti nei calici di vetro. Nella tavolozza della vigna le tonalità del verde primaverile sublimano poco a poco nel giallo autunnale per poi sbiadire nel bianco della neve e del tralcio dormiente. Attorno a tutto questo la fatica dell’uomo, la cui presenza è materica nei piccoli casotti che interrompono le astratte geometrie dei filari.
Le stagioni si alternano e si susseguono senza fine tra le colline boscate contornate dalla cerchia alpina che in certe giornate sembra potersi toccare con un dito. Il silenzioso linguaggio della natura evapora nella nebbia e si eclissa tra le nuvole nel cielo. Giochi di luce e di ombre tra alberi secolari. Colline immerse nella luce, modellate dall’azione dell’uomo che ha imparato ad agire assecondando il corso della natura. Lo spirito dell’osservatore si perde nell’infinita bellezza universale e qui coglie il senso della fragilità umana. Negli elementi semplici della natura e del paesaggio come un albero, una vetta, un campanile… riconosce la via per trovare se stesso.
Le colline sormontate da paesi e borghi, talvolta protagoniste o soggetti da “cartolina”, rendono bene la magia del Monferrato che ci offre scenari e proporzioni che cambiano con il cambiare del punto di vista. Sui colli, borghi e villaggi straordinariamente affascinanti sorvegliano boschi di querce e nocciole e filari di vigne di grignolino e barbera.
Per i vignaioli i campanili sono riferimenti familiari per riconoscere dalla vigna i borghi e le cantine come per i pescatori liguri che in mare osservano da lontano la casa sulle alture.
L’arco alpino visto dalle colline è uno spettacolo ci lascia davvero meravigliati e stupiti. Non capita spesso, mediamente una o due settimane l’anno con maggiore probabilità nei mesi più freddi, dopo che si sono verificate abbondanti piogge o nevicate intense o i forti venti foehn. Come per incanto il giorno dopo l’atmosfera diventa più pulita e all’alba lascia intravedere, da chilometri e chilometri di distanza quasi contro ogni buonsenso, le vette più alte delle Alpi piemontesi e delle Prealpi e alpi lombarde. Uno spettacolo destinato presto a diventare un ricordo perché purtroppo bastano poche ore a che si riformi una cappa di pulviscolo e “smog” sulla pianura, un potente velo, un muro che offusca l’orizzonte.
Ma quando l’aria pulita è la magia del sole che illumina le nevi del Monviso, Cervino e del Monte Rosa, a rendere unico il paesaggio e consentendo allo sguardo di godere di un panorama unico e suggestivo dai punti più alti del nostre colline che dominano con i belvederi, autentici balconi naturali, la Pianura Padana affacciandosi sull’arco Alpino ed Appenninico. Uno sguardo a 360 gradi che permette di assistere a quello che sembra un vero e proprio prodigio: la maestosità della natura, la grandezza della nostra terra, la bellezza stessa del sorprendente panorama, ci portano così quasi inconsciamente a riflettere sulle cose buone e belle della vita, ringraziando della fortuna di poterle ammirare.
In ultimo lo sguardo discende nelle viscere della terra per ammirare gli infernot. Cantine scavate a mano nella roccia sedimentaria in tempi antichi quando era necessario un rifugio per nascondere e conservare il vino più buono. Da angolo segreto a patrimonio dell’Unesco nel 2014 all’interno del 50° sito italiano Langhe – Roero e Monferrato.