Stagni di Belangero
Il 21 marzo 2019 sono state istituite 4 nuove aree protette nel territorio astigiano: la Riserva Naturale degli Stagni di Belangero, la Riserva Naturale delle Rocche di Antignano, la Riserva Naturale del Rio Bragna, la Riserva Naturale del Paludo e dei Rivi di Moasca. La cartografia ufficiale è scaricabile qui.
I Comuni interessati sono: Asti, Revigliasco, Antignano, Isola, Costigliole, Calosso, Agliano Terme e Moasca. La superficie complessiva supera i 5 mila ettari, comprendendo le aree protette storiche: Parco Naturale di Rocchetta Tanaro, Riserva Naturale della Valle Andona, Valle Botto e Valle Grande, Riserva Naturale della Val Sarmassa.
La Riserva Naturale è situata in provincia di Asti in riva destra del fiume Tanaro, a monte della città, nella piana alluvionale del fiume. Le tipologie di ambiente che insitono nell’area protetta sono principalmente la vegetazione ripariale con stagni e paludi che caratterizzano gli ambienti umidi da tutelare. Tra le specie segnalate e da conservare ci sono la farfalla Lycaena dispar , tra gli anfibi il pelobate fosco a rischio di estinzione, il tritone Triturus carnifex e il rospo Bufo viridis. La zona è per lo più costituita da molti specchi d’acqua, campi incolti, campi di mais e selvicoltura, la restante parte è occupata dall’alveo del Tanaro e dalla vegetazione tipica delle zone umide e fresche: ontano nero, frassino, popolamenti arborei di salice e pioppo bianco. L’area inoltre è un’area golenale del fiume Tanaro con presenza di laghi di cava parzialmente ricanalizzati. L’area risulta inoltre essere fortemente antropizzata.
Tra le specie animali alloctone si segnalano la rana verde e la nutria; tra le specie vegetali l’ailanto, l’Amorpha fruticosa e la Solidago gigantea.
La zona ha una rilevanza anche dal punto di vista paleontologico per l’eccezionale ritrovamento di un delfinide fossile nel 2003. L’eccezionale abbassamento del livello dell’acqua del Fiume Tanaro (Ottobre 2003), a causa delle scarse precipitazioni protratte per tutta la stagione estiva, aveva portato alla luce ampie porzioni del fondo dell’alveo e delle sponde formate da sedimenti argillosi, permettendo anche l’emergenza del loro contenuto fossilifero. Tale situazione ha reso possibile il ritrovamento casuale di parti scheletriche di un cetaceo odontoceto (delfino). I sedimenti presenti appartengono alla Formazione delle “Argille azzurre” del Pliocene inferiore (5.4 – 3.2 milioni di anni fa circa).
Le minuziose operazioni di scavo e l’evidenziazione delle ossa hanno permesso una prima determinazione di massima del reperto. Si tratta di un Delfinide adulto che poteva raggiungere in vita i 2-2.5 m circa di lunghezza confrontabile con il genere attuale Hemysintrachelus.
Sono state recuperate la parte toracica, quasi completa, costituita dalle coste e varie vertebre e dischi intervertebrali posti in disordine tra loro, vertebre cervicali, la mandibola sinistra, diversi denti e parti frammentarie del cranio. Mancano le parti lombo-caudali probabilmente asportate dalla corrente del fiume. Il reperto è ora esposto nelle sala del museo Paleontolgico di Asti.
Il progetto di valorizzazione dell’area umida è stato portato avanti dall’Associazione Amici di Calosso e dalla Lipu – Osservatorio Ornitologico di Asti, e approvato dalle amministrazioni comunali di Agliano Terme, Calosso e Costigliole d’Asti, con il patrocinio dell’Osservatorio del Paesaggio per il Monferrato e l’Astigiano.
La creazione della riserva si prefigge lo scopo di tutelare un’area acquitrinosa e paludosa poco conosciuta a livello locale, ma che, come tutte le piccole zone umide italiane, svolge un ruolo di primo piano nelle complessive strategie per frenare la perdita di biodiversità.
La porzione più interessante e monitorata della località è collocata tra il laghetto Sant’Agnese, specchio d’acqua artificiale di proprietà di un’associazione di pescatori, e alcuni canneti naturali di cannuccia di palude (Phragmites australis).
I fossati sono spesso contornati da siepi naturali costituite principalmente da Prugnolo, cui si frammista il sanguinello e il biancospino. E’ poi possibile osservare ai margini delle strade comunali e vicinali alcune antiche piante di Gelso periodicamente sottoposte a capitozzatura. Questi sporadici alberi rappresentano gli ultimi esemplari di piantagioni più
numerose il cui fogliame nelle aziende agricole era utilizzato per l’allevamento, anticamente molto diffuso in zona, del baco da seta. Sono inoltre presenti appezzamenti di terreno dediti alla coltivazione del pioppo e della quercia. Le colline circostanti sono invece ampiamente coltivate a vigneto, nella sua classica forma di allevamento a spalliera, con tecnica di potatura a Guyot classico o semplice e con i filari che seguono le linee di livello delle colline. Nell’area di fondovalle, all’inizio della primavera, è poi possibile ancora osservare alcuni esemplari di tulipano selvatico, detto anche tulipano dei campi (Tulipa sylvestris).
La presenza di ampie valli e l’esercizio di una coltivazione di fondovalle non particolarmente intensiva hanno fatto sì che i canneti, nel tempo, si siano canditati ad essere un importante sito dormitorio invernale ed estivo di alcuni uccelli particolarmente interessanti. Questa diversità biologica è testimoniata dall’importante attività d’inanellamento a scopo scientifico svolta da alcuni anni da inanellatori autorizzati dall’Istituto Superiore per la Ricerca e Sviluppo Ambientale (ISPRA) insieme ai volontari della LIPU di Asti. Questo tipo di habitat caratterizza l’area come unica nel panorama ambientale e paesaggistico del sud astigiano.
Le principali specie ornitiche segnalate e strettamente legate alle aree umide sono: il Migliarino di palude; Il Pettazzurro; lo Strillozzo; la Cutrettola; il Pendolino; il Saltimpalo.
In queste località sono poi numerose le specie rilevate tramite osservazioni nei diversi periodi dell’anno, tra le quali: Airone cenerino; Airone rosso; Assiolo; Balestruccio; Cannaiola; Cannareccione; Civetta; Gallinella d’acqua; Gheppio; Grillaio; Gru; Gufo; Nitticora; Pispola; Picchio rosso maggiore; Picchio verde; Porciglione; Rondine; Spioncello; Sterpazzola; Succiacapre; Tarabusino; Upupa; Zigolo giallo.
È da notare che l’area protetta confina con l’area di eccellenza paesaggistica, denominata Core Zone 3 (Moscato/S. Stefano Belbo – Canelli), inserita nel progetto di candidatura a patrimonio UNESCO dei “Paesaggi vitivinicoli di Langhe e Monferrato”.
Le caratteristiche dell’habitat sommariamente sopra descritte e le numerose specie ornitiche rilevate, caratterizzano l’area come unica nel panorama ambientale e paesaggistico del sud astigiano. La tipologia delle specie rilevate e le numerose ricatture, che si protraggono nel tempo, ne testimoniano l’importanza per garantirne la sopravvivenza sempre più minacciata dalla pressione antropica, dall’agricoltura intensiva e dai cambiamenti climatici.
Nell’area oggetto di tutela inoltre sussistono altri piccole pozze d’acqua sorgive che ospitano alcuni esemplari di Rana verde di Lessona. In Italia la popolazione di questo anfibio è da considerarsi in declino dovuto prevalentemente all’introduzione di rane e gamberi alloctoni, utilizzo di pesticidi e mutate pratiche agricole. In zona inoltre sono stati osservati degli esemplari di Tritone punteggiato (Lissotriton vulgaris) considerato in diminuzione in Italia a causa dell’alterazione dei loro siti di riproduzione. In Provincia di Asti gli unici esemplari ufficialmente censiti sono stati rinvenuti nelle aree adibite a parco naturale.
Sulle rive del fiume Tanaro è stata recentemente istituita la Riserva Naturale. L’area risulta di grande interesse ambientale legata strettamente al fiume. In particolare presso la frazione Perosini, verso la valle, si arriva all’area protetta delle Rocche. Il paesaggio collinare è caratterizzato da vigneti, piante di ciliegio e di nocciole. In ottima posizione paesaggistica sono le frazioni dei Gonella e dei Perosini. L’area è rinomata anche per la riserva di pesca ricca di specie ittiche. Sulle sponde del fiume fu ritrovata una piroga di origine basso medioevale, oggi conservata, insieme all’elmo etrusco e altri reperti archeologici, nel Museo di Antichità di Torino.
Dal punto di visita geologico il fiume sinuoso, erode lateralmente fino ad incidere il substrato, formato dalle “Argile Azzurre” plioceniche che nei periodi di secca affiora dal letto. Le Rocche segnano proprio il limite attuale del grande fenomeno di erosione regressiva sviluppatosi, migliaia di anni fa, in seguito all’evento di cattura del Tanaro.
La scarpata incisa dal corso d’acqua è modellata in forma di calanchi e lame affilate alla base, dove affiorano argille e marne a guisa di piramidi di terra alla sommità formata dalle sabbie di Asti: tali morfologie sono analoghe per genesi alle “Rocche del Roero”.
Oggi la Riserva è attraversata da strade campestri ombreggiate da querce, pioppi e salici con un’interessante vegetazione acquatica che dà ospitalità a una ricca fauna in particolare con nidificazione di specie di uccelli rari.
Il bacino del rio Bragna, affluente di destra del fiume Tanaro si estende su una superficie di circa 10 km quadrati, a quote comprese tra i 130 e i 350 m. s.l.m., con andamento prevalente Nord-Sud.
Le rocce presenti sono principalmente argille e marne argillose, con locali lenti gessose e conglomerati, risalenti al Miocene superiore – Miocene Medio.
Dal punto di vista storico, si narra che il rio Bragna confluisse nella val Tiglione creando dei grossi problemi idraulico-sociali, quali paludi, con risvolti negativi sulla salute delle popolazioni residenti. Al fine di realizzare una bonifica, si decise intorno al ‘600 di convogliare le acque nella vallata verso Mongovone, scavando un canale di scolo che ha dato forma nel tempo all’attuale vallata, creando importanti smottamenti della collina situata a sinistra del rio e che sono attualmente ancora attivi. Anticamente erano presenti alcuni mulini (di cui uno ancora ben conservato nei pressi dell’antica Rocca di Costigliole) ed una “fabbrica” di concia delle pelli come si evince dal toponimo regione Feiteria.
Attualmente i boschi sono localizzati prevalentemente sul fondo dell’impluvio del Rio Bragna e di alcuni rii minori e rappresentano praticamente l’area di cui si richiede la tutela. In generale, i boschi presenti nell’area risentono pesantemente dell’azione antropica, sia per quanto concerne la composizione (con presenza di numerose specie non spontanee) che la struttura. In alcune zone si assiste all’espansione del bosco, a seguito dell’abbandono delle attività agricole, con l’insediamento di popolamenti di neoformazione costituiti per lo più da specie pioniere.
Sono presenti piccoli querceti diffusi lungo tutto il corso del Rio Bragna localizzati prevalentemente sul fondo dell’impluvio principale. Si osservano esemplari di : la farnia (Quercus robur), presente a nuclei o con esemplari isolati, con diametro anche superiore ai 50-60 cm. ed altezze talora maggiori di 20 metri; il ciliegio selvatico (Prunus avium), il pioppo nero, Populus nigra, presente anche con soggetti di dimensioni ragguardevoli e spesso micorrizzato con il tartufo bianco, (Tuber magnatum); il carpino bianco (Carpinus betulus, piuttosto sporadico); l’acero campestre (Acer campestre) e rari esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa).
Il piano arbustivo è costituito da specie come il nocciolo, (Corylus avellana), il berretto da prete, (Euonymus europaeus) ed edere, (Hedera helix) con occasionali infiltrazioni di roverella e il sambuco nero (Sambucus nigra).
La robinia (Robinia pseudoacacia) è frequente soprattutto nei popolamenti posti nella parte bassa del bacino (grosso modo a valle di Strada Anziani): la presenza di questa specie è riconducibile a pregressi tagli irrazionali che ne hanno consentito l’ingresso, rendendo nel contempo molto problematica la rinnovazione della quercia farnia.
Tra le specie arbustive presenti si possono ricordare il sambuco nero e l’edera, che talora ha notevole sviluppo.
Nel robinieto posto nella zona sottostante l’abitato di Costigliole, è diffuso anche il frassino maggiore (Fraxinus excelsior) ed è presente rinnovazione di acero americano (Acer negundo), specie alloctona di cui è auspicabile l’eliminazione; sono qui frequenti alberi abbattuti (non solo a causa di schianti naturali).
I popolamenti di latifoglie pioniere sono costituiti da specie quali olmo campestre, nocciolo (che esercita un’azione miglioratrice nei confronti del suolo), acero campestre e talora rinnovazione di farnia.
Discorso a parte merita la fustaia di acero di monte (Acer pseudoplatanus) presente sul pendio (a prevalente esposizione NE) sottostante l’abitato di Costigliole in cui sono presenti piante con diametri anche di 40 centimetri ed altezze di 15-20 metri. Si tratta di una formazione di origine secondaria al di fuori del suo areale naturale originatasi probabilmente da rinnovazione naturale di soggetti presenti nell’abitato o nello storico parco dei conti Verasis-Asinari.
Il Parco Paleontologico Astigiano assicura visite guidate su prenotazione svolte dai guardiaparco o da guide naturalistiche abilitate. Info e prenotazioni: 0141/592091; enteparchi@parchiastigiani.it